Le Collette della Settimana Santa\ Venerdi Santo

O E13A9549-D2D3-4FDD-AEF4-13D0E20999A5Dio,
che nella passione del Cristo nostro Signore ci hai liberati dalla morte, eredità dell’antico peccato  trasmessa  a  tutto  il   genere   umano,
rinnovaci a somiglianza del tuo Figlio;
e come abbiamo portato in noi, per la nostra nascita, l’immagine dell’uomo terreno,
così per l’azione del tuo Spirito,
fa’ che portiamo l’immagine dell’uomo celeste.

Come nell’antico rito battesimale (e ancora oggi in alcune occasioni) il catecumeno scendeva nella vasca simbolo della morte di Cristo, per risalire e venire rivestito del lenzuolo bianco della risurrezione, così questa liturgia (unica senza eucaristia) desidera che noi facciamo esperienza della trasformazione che lo Spirito opera in tutta la vita nella nostra esistenza. Egli vuol far cadere l’immagine, la identità o progetto, dell’uomo che organizza la vita senza la sapienza di Dio, e farci scegliere, far crescere, la decisione di essere discepoli di Gesù.

Potremmo cadere nella idea che l’uomo celeste equivalga a uomo potente, oppure persona senza difetti umani o senza i limiti della natura. Quasi un super-uomo, un super-eroe.  Gesù chiamava se stesso “figlio dell’uomo” e di lui si dirà “ecco l’uomo”. L’uomo celeste è colui che lasciò la sua natura divina e si fede schiavo e proprio per questo il Padre lo ha innalzato.

L’uomo celeste è dunque colui che ha fatto il cammino spirituale e si è rivestito della potenza dello Spirito di Dio. È l’uomo delle  Beatitudini: povero, mite, afflitto, affamato di giustizia, assetato di Dio…

Questo suo cammino di perfezione e rinnovamento è chiamata: passione. La passione che ci libera che rinnova. Tutta l’esperienza religiosa è esperienza di liberazione. Siamo liberati dalla babilonia dell’onnipotenza e del potere, dalla falsa cultura religiosa che chiede di sacrificare i figli alla divinità, dal rapporto potere e religione che opprime gli schiavi, dalla paura di Dio, dalla proiezione padre-Padre che serve a controllare le persone, dalla separazione tra provvidenza di Dio e giustizia sociale, dalla morte di dio per affermare la nostra volontà di potenza.

La somiglianza con Dio si realizza e si fa crescere indossando, portando, la veste nuova della fraternità e solidarietà. Portare infatti significa, tra l’altro,  indossare, rivestirsi. Cioè farsi carico, che è frutto della decisione della persona, della stessa missione di Gesù.

Morire con Lui non è atto psicologico, ma  di progettazione di sé. Nella progressiva morte al nostro egoismo avviene la esaltazione che il Padre ci ha promesso.

Lo Spirito ci fa morire e risorgere facendoci percorrere il cammino vittorioso di Gesù nel deserto dove si spoglia della veste, cultura, solamente umana e prende avvio la veste della divina somiglianza.

Pubblicato da

luciano meddi

Ordinario di Catechesi Missionaria Pontificia Università Urbaniana Roma

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