Partecipare alla semina

Dal Vangelo secondo Matteo 13,1-23

Quel giorno Gesù uscì di casa e sedette in riva al mare. Si radunò attorno a lui tanta folla che egli salì su una barca e si mise a sedere, mentre tutta la folla stava sulla spiaggia.

Egli parlò loro di molte cose con parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. Mentre seminava, una parte cadde lungo la strada; vennero gli uccelli e la mangiarono. Un’altra parte cadde sul terreno sassoso, dove non c’era molta terra; germogliò subito, perché il terreno non era profondo, ma quando spuntò il sole fu bruciata e, non avendo radici, seccò. Un’altra parte cadde sui rovi, e i rovi crebbero e la soffocarono. Un’altra parte cadde sul terreno buono e diede frutto: il cento, il sessanta, il trenta per uno. Chi ha orecchi, ascolti».

 

Messaggi per noi

Matteo raccoglie nel c. 13 una piccolo manuale per i futuri missionari della chiesa. Anche essi dovranno fare i conti con lo scandalo del rifiuto della parola del regno. Il tempo del cammino della comunità nella storia non è  il tempo del raccolto finale, ma della continua attività di seminare la parola di Gesù. Questa è anche l’azione pastorale: conquistare qualcuno di più alla causa del regno di Dio.

Dio è descritto come una persona che semina. Il seme è la sua parola, il suo progetto, il suo disegno di salvezza. In verità si tratta di una proposta e non di una imposizione. Questa è una “novità” nella esperienza religiosa dei popoli. Le religioni antiche parlavano di Dio come di un potente che esercita il suo potere imponendo decreti e leggi. Il Dio di Gesù propone. Anche le grandi religioni hanno intuito che Dio è una persona che si rapporta alla nostra volontà.

Questo non significa che la verità della parabola dipende dai nostri gusti. Gesù infatti ha sperimentato la veridicità delle parole che pronuncia. L’effetto dell’annuncio del regno (il seme) dipende dalla qualità dei terreni. In buona sostanza dalla ricettività delle persone e delle istituzioni umane. Gesù ci racconta la sua esperienza. Dopo i primi entusiasmi si rende conto che il cuore dell’uomo non è posseduto dalla passione per la verità e la giustizia.

Ognuno può essere limitato dalle sue debolezze: strada, rocce, spine… queste non permettono alla parola di fare effetto nel nostro tempo (la parola infatti sarà scuramente vincitrice alla fine dei tempi). È posseduto dal principio della autodifesa che diventa egoismo e disinteresse per la situazione del fratello. Le tre tentazioni, che anche Gesù ha subito e guarito, sono sempre in agguato e vincono quasi sempre. Potere, magia e insicurezza sono più attraenti del vangelo.

A noi quindi il compito di prendere sul serio la parabola e deciderci di diventare terreno buono. È buono il terreno che viene lavorato. Così anche noi siamo inviati a lavorare su noi stessi. Il cammino di consapevolezza è il cammino che permette allo Spirito di trasformarci in terreno buono. Conoscere le stratificazioni della nostra vita (la strada); le cose irrisolte e pietrificate (le rocce); le difese inutili (le spine) sono il cammino della purificazione che compiamo insieme allo Spirito.

Ma è ugualmente importante la strada dell’abbandono alla sua parola. Accentando la proposta di portare frutto, ci abilitiamo e ci trasformiamo per essere collaboratori del Regno.

Diventati terreno buono entriamo nella prospettiva di dare frutto. Gesù ha dato due descrizioni dei frutti. Una è quella del discorso della montagna. I frutti sono le qualità del regno: povertà, solidarietà nella giustizia, spiritualità. Un’altra è la parabola finale. I frutti sono le azioni messianiche: ero affamato, assetato, nudo, in carcere… Paolo parlerà dei frutti dello spirito intesi come nuova capacità di relazione e di vita eticamente impegnata.

I due insegnamenti sono ugualmente importanti ma la priorità spetta alla causa del regno e alla partecipazione alla costruzione della giustizia.

Preghiamo

Accresci in noi, o Padre, con la potenza del tuo Spirito
la disponibilità ad accogliere il germe della tua parola,
che continui a seminare nei solchi dell’umanità,
perché fruttifichi in opere di giustizia e di pace 
e riveli al mondo la beata speranza del tuo regno.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Pubblicato da

luciano meddi

Ordinario di Catechesi Missionaria Pontificia Università Urbaniana Roma

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